La sessualità, già di per sé, è un argomento ancora fortemente tabù nella nostra società: quando questa viene associata alla disabilità, il tema viene ancora più relegato nel silenzio e trattato con attenzione soltanto dagli esperti del settore. In occasione, però, della Giornata Internazionale per le persone con disabilità, che ricorre ogni anno il 3 dicembre, è nostra intenzione aprire il dialogo sul tema.
Sul tema della sessualità delle persone con disabilità, da parte della società tutta, è estremamente necessario uno scatto in avanti. La nostra riflessione in merito non può che partire da un documento pilota che, nel 1993, l’Assemblea delle Nazioni Unite (ONU) aveva pubblicato sulla sessualità di coloro che avevano disabilità. Tutte le persone con disabilità, si legge, devono poter “fare esperienza della propria sessualità, viverla all’interno di una relazione, avere dei figli, essere genitori, essere sostenuti nell’educazione della prole da tutti i servizi che la società fornisce e, non ultimo, ricevere un’educazione sessuale”. Parole sicuramente importanti che, nella maggior parte dei casi, restano soltanto tali, non concretizzandosi in azioni definite, divulgazione efficace, interventi sul territorio, educazione scolastica.
Certo, le persone con disabilità hanno desideri sessuali. I deficit motori che una persona può avere, infatti, non le impediscono di sentire desideri e bisogni sessuali. Imparare a gestire questi piaceri per chi ha una disabilità è fondamentale: esistono figure specializzate, come medici o assistenti sessuali, che possono aiutare molto queste persone a conoscere ed esplorare le differenze e modificazioni del loro piacere. Questo percorso di consapevolezza e sostegno emotivo-psicologico è necessario per fare in modo che gli stati emotivi di sofferenza che queste persone potrebbero sperimentare non precludano loro l'esperienza del piacere, dell'esplorazione del desiderio, della condivisione di rapporti con partner sentimentali e sessuali.
Il fatto, però, che esistano figure specializzate su questi temi, non impedisce a chi non rientra in questa categoria di sviluppare una sana curiosità e apertura verso queste esperienze di vita altrui: il vuoto comunicativo che queste persone sperimentano è spesso fonte di dolore e basterebbe poco per aumentare la condivisione su questi temi.
Un tema che ancora si fatica ad affrontare – nonostante qualche timido passo in avanti negli ultimi anni – è la difficoltà delle donne con disabilità a vivere ed esprimere liberamente la propria sessualità e i propri bisogni sessuali. Il forte tabù imposto dalla società sull'argomento porta spesso queste persone ad avere dubbi, paure, vergogne e quindi a reprimere o a ritenere inadeguato il proprio desiderio di piacere.
I servizi di ginecologia e ostetricia dedicati alla sessualità delle persone vulvo-dotate con disabilità sono spesso insufficienti e poco accessibili. Per non parlare della scarsità di campagne informative e divulgazione su tutte le tematiche annesse (che molte donne con disabilità si ritrovano a gestire completamente da sole): gestione del ciclo mestruale, scelta delle contraccezioni più adatte, desiderio e piacere, rapporto con il proprio corpo, approccio sessuale con i o le partner, diritto a poter essere madri.
Per far sì che le persone con disabilità siano sicure dei propri diritti sessuali è fondamentale che la società si attrezzi per accogliere questa esigenza.
Ma da dove partire per migliorare? Uno strumento da potenziare è senza dubbio quello dell’educazione sessuale, entrata nelle scuole da poco (e con ancora troppe lacune e contraddizioni), ma decisiva per costruire una società più consapevole.
Un altro aspetto fondamentale è l'accessibilità ai servizi di supporto psicologico. Le disabilità motorie, infatti, portano ad affrontare temi di vita e problematiche che necessitano di un sostegno psico-emotivo adeguato, in aggiunta a quello della terapia occupazionale, la riabilitazione o qualunque altra attività di supporto medico.
Anche il ruolo dei genitori delle persone con disabilità è un elemento decisivo. È fondamentale che questi non ignorino e impongano il silenzio sui bisogni erotici e di relazionalità dei propri figli e figlie e che li spingano, invece, a conoscere il proprio desiderio. Questo può essere fatto sostenendo i figlie e figlie nella scelta di percorsi ad hoc, attività educative, gruppi e facendo sentire il calore e la normalità di questi bisogni.
L’articolo è scritto da Sara Passarin, giornalista pubblicista, appassionata di tematiche di attualità e da Chiara Maggio, psicologa clinica.